Nella mia esperienza lavorativa e di vita ho incontrato molte persone di quelle che comunemente definiamo "i matti", quelli che sono stati o ancora sono in cura nei centri che si occupano del disagio psichico, quelli che prima abitavano i manicomi ed ora in comunità residenziali, coloro che a volte incontriamo sugli autobus e parlano da soli, o più semplicemente persone che la vita ha ferito in modo profondo e non hanno avuto la capacità o la forza di "tirarsi in piedi", o che il dolore ha sopraffatto aggiungendosi ad altro dolore..
Stamane leggevo a proposti di Alda Merini che della sua esperienza ne parlava solo con chi sentiva vicino e doveva essere lei la prima ad affrontare il discorso. Ci vuole un grande rispetto per la sofferenza altrui, io vedo intorno tanto poco rispetto, quest'invadenza che sta agli antipodi..davanti al dolore occorre solo silenzio e rispetto..
E' molto difficile "dire" perchè si rischia di parlarsi addosso e il muto silenzio copre tanta pena. Penso ad una donna che passa tutti i giorni sotto le finestre di casa mia e che è impazzita per il dolore della perdita del suo bambino e qunte volte ha cercato di raggiungerlo, ma non ce l'ha mai fatta..ed il suo dolore diventa anche il mio dolore, lei passa e ripassa e mi ricorda che nella vita ci sono cose che non si possono controllare, che sfuggono dalla nostra volontà..ed assolve il suo dovere, semplicemente camminando su questo marciapiede.